Azoto e apnea

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  • #1989
    n1c0l4
    Partecipante

    Sono 10 anni che si parla del rischio di embolia gassosa in apnea e, secondo le ultime indicazioni della medicina iperbarica il rischio è presente anche a profondità  modeste.
    Non è mia intenzione parlare del pericolo del tarawana, ma delle altre implicazioni legate alla presenza di azoto in soluzione nel sangue, senza pretendere di avere alcuna competenza specifica e chiedendo il vostro aiuto per chiarire le cose. Nelle immersioni ARA è conosciuto col nome di “l’ivresse des grandes profondeurs” una sindrome neurologica con molti sintomi: lo stato di perdita di capacità  di valutazione e destrezza, euforia ingiustificata, azioni inconsulte, falsa sicurezza, intorpidimento mentale, ansia immotivata, stordimento, sonno. Il meccanismo chimico alla base del processo non è ancora chiaro perchè gli effetti sembrano mediati soprattutto dalle cellule gliali, strutture di sostegno dei neuroni con funzioni quasi sconosciute. L’azoto è lipofilico e le cellule gliali sono ricche di lipidi, si ipotizza che l’aumento della concentrazione di azoto rallenti la comunicazione tra le cellule nervose causando la narcosi.
    Nella apnea l’aumento della pressione parziale dei gas espone l’apneista allo stesso pericolo di accumulare nei tessuti azoto che rimane in soluzione nel sangue dopo le immersioni. Tale concentrazione è direttamente proporzionale all’intensità  delle immersioni (durata, profondità , tempi di recupero brevi) ma dipende anche dalle condizioni del subacqueo e dall’adattamento del suo corpo, causato dalle ripetute esposizioni agli stress dell’immersione. L’ipotesi che pescando a profondità  modeste (comunque le profondità  sono sempre relative) si possa andare incontro a una leggera sindrome neurologica merita di essere approfondita, anche per gli aspetti positivi dell’esperienza subacquea e mi riferisco allo stato di benessere psichico che si può sperimentare. E’ importante sottolineare che la conoscenza di questi processi costituisce la migliore forma di prevenzione degli incidenti in apnea.
    Un saluto

    #113910
    Ryo
    Amministratore del forum

    Ciao,

    non avevo mai sentito parlare di questa cosa e sarebbe interessante approfondire. ma sinceramente non so chi potrebbe aiutarci 🙄
    Staremo a vedere…. 😕

    #113911
    Max
    Moderatore

    @n1c0l4 wrote:

    Sono 10 anni che si parla del rischio di embolia gassosa in apnea e, secondo le ultime indicazioni della medicina iperbarica il rischio è presente anche a profondità  modeste.
    Non è mia intenzione parlare del pericolo del tarawana, ma delle altre implicazioni legate alla presenza di azoto in soluzione nel sangue, senza pretendere di avere alcuna competenza specifica e chiedendo il vostro aiuto per chiarire le cose. Nelle immersioni ARA è conosciuto col nome di “l’ivresse des grandes profondeurs” una sindrome neurologica con molti sintomi: lo stato di perdita di capacità  di valutazione e destrezza, euforia ingiustificata, azioni inconsulte, falsa sicurezza, intorpidimento mentale, ansia immotivata, stordimento, sonno. Il meccanismo chimico alla base del processo non è ancora chiaro perchè gli effetti sembrano mediati soprattutto dalle cellule gliali, strutture di sostegno dei neuroni con funzioni quasi sconosciute. L’azoto è lipofilico e le cellule gliali sono ricche di lipidi, si ipotizza che l’aumento della concentrazione di azoto rallenti la comunicazione tra le cellule nervose causando la narcosi.
    Nella apnea l’aumento della pressione parziale dei gas espone l’apneista allo stesso pericolo di accumulare nei tessuti azoto che rimane in soluzione nel sangue dopo le immersioni. Tale concentrazione è direttamente proporzionale all’intensità  delle immersioni (durata, profondità , tempi di recupero brevi) ma dipende anche dalle condizioni del subacqueo e dall’adattamento del suo corpo, causato dalle ripetute esposizioni agli stress dell’immersione. L’ipotesi che pescando a profondità  modeste (comunque le profondità  sono sempre relative) si possa andare incontro a una leggera sindrome neurologica merita di essere approfondita, anche per gli aspetti positivi dell’esperienza subacquea e mi riferisco allo stato di benessere psichico che si può sperimentare. E’ importante sottolineare che la conoscenza di questi processi costituisce la migliore forma di prevenzione degli incidenti in apnea.
    Un saluto

    Non facciamo confusione tra “narcosi da azoto” ed “embolia”, sono due fenomeni completamente diversi derivanti da cause diverse.
    I sintomi da te indicati sono quelli tipici da una narcosi da azoto o anche detta “ebrezza da profondità “, cioè un semplice avvelenamento da azoto. Ciò eè tipico dei sommozzatori che effettuano immersioni con autorespiratori ad aria (ara) che respirano aria compressa che per effetto della pressione produce questi sintomi. generalmente no vi è una regola fissa che riguardi profondità  e tempi di permamnenza sul fondo. La narcosi da azoto può colpre chiunque, sia sub neofiti che sub esperiti, può colpire a 30 mt come a 60 mt di profondità .
    Differente invece è l’embolia, che si divide in: embolia gassosa arteriosa, pneumatoracia, ed embolia traumatica.
    Sono tutte pericolose ma mentre le prime due possono NON portare alla morte, l’ultima porta a morte certa ancor prima di riemergere in superficie.
    Ho letto su alcune riviste specializzate di alcuni pescatori apneisti che praticavano immersioni profonde (oltre i 30 mt) con pochissimi minuti di recupero. Alcuni di loro dopo molte immersioni accusavano tutti i sintomi di una embolia gassosa, cioè quell’embolia che prende i sub con le bombole che uscendo fuori la curva di sicurezza non rispettano le soste di decompressione (le soste di decompressione permettono all’azoto disciolto nel sangue di liberarsi senza creare le famole “bollicine”).
    Quindi il fenomeno non è da escludere, anzi io mi sento di dire che il rischio esiste. Ma attenzione: qui si sta parlando di tuffi lunghi e molto profondi con tempi di recupero molto brevi; cose impossibili ai più!

    #113912
    Fulvio57
    Partecipante

    Molto interessante. Leggendo sugli effetti del Taravana ( o meglio Tarawana, vista l’origine) mi sono chiesto anch’io se potevano esserci gli stessi, o quasi, problemi che intervengono in genere a chi pratica apnee a batimetriche più impegnative. Credo che la pressione presente a -35 – 40 mt sia ovviamente diversa di quella che si percepisce a -15, ma l’accumulo di azoto nei tessuti riguarda la maggior parte dei frequentatori dei fondali. Aspettiamo risposte più autorevoli……….

    #113913
    bludive
    Partecipante

    Il discorso è molto interessante.
    Perdonami ma ho fatto un po’ di fatica a seguire il ragionamento.
    Forse per semlicità  è meglio schematizzare:
    PDD: patologia da decompressione, che in apnea si identifica con il tarawana. Per farla semplice l’azoto si accumula nei tessuti quando è in pressione, se non gli si da il tempo per essere smaltito può provocare bolle nei tessuti e nel sangue colpevoli di diversi disturbi anche gravi.
    Nella PDD è compresa anche la sovradisensione polmonare, che può portare del gas nel sistema arterioso con effetti gravi (la famosa embolia).

    Narcosi da Azoto: non è esattamente una PDD. Come hai detto dipende dalla pressione del gas che abbiamo in corpo. Molti gas (se non tutti) hanno effetti collaterali se respirati in pressione (per questo i corallari usano dei mix particolari). Nel nostro caso ci interessano Ossigeno e Azoto. Il primo (ox) è una bestia nera, oltre certe pressioni parziali è pericolosissimo, per fortuna non riguardano l’apnea.
    L’azoto ha un effetto narcotico che si percepisce a pressioni parziali diverse a seconda della persona e del suo stato spicofisico: nessuno è esente.
    Nelle immersioni in ARA l’accumulo di azoto nei tessuti non sembra avere dirette conseguenze con la pressione parziale a cui si avverte la narcosi. Io nei mesi di Luglio, Agosto e Settembre accumulo notevoli quantità  di azoto, ma questo non aumenta la mia sensibilità  all’azoto.
    Non saprei in apnea, ma sarei portato a pensare che è uguale. Purtroppo non potrei neanche provare perché la quantità  di azoto nel sangue potrebbe portare a spiacevoli conseguenze se provassi a fare apnee profonde senza lasciar passsare un tempo congruo.
    Per quella che è la mia esperienza, tra le 250 e le 500 immersioni l’anno con sub al seguito tra i 10 e i 50mt, gli effetti dell’azoto sono apprezzabili dai 30mt in poi. In realtà  non mi è mai capitato nessuno in narcosi evidente a 30mt, ma a 35/40 si.
    Sicuramente la condizione dell’apneista è diversa, ma è anche vero che è difficile che in condizioni psicofisiche non idonee ci si fiondi a 30mt.
    Non escluderei che lo stato di grazia (che comprende anche il mancato stimolo alla respirazione) che si prova nell’apnea profonda sia legata in parte anche all’azoto e non solo ai rapporti tra Ossigeno e Anidride Carbonica come si dice di solito.
    Rimane che l’effetto martini, come lo chiamano i bombolari, svanisce appena si diminuisce la quota e, in teoria, non lascia strascichi.

    Sarebbe interesante avere il parere di un medico iperbarico (subacqueo!).
    Una cosa mi sento di dirla: se con il tarawana è possibile porre rimedio con tabelle studiate per gli apneisti, con la narcosi vedo poche soluzioni, bisognerebbe eliminare l’azoto e questo non è possibile se non ventilandosi con miscele differenti dall’aria. Ma non credo che si arriverà  a tanto.

    #113914
    Max
    Moderatore

    @Fulvio57 wrote:

    Molto interessante. Leggendo sugli effetti del Taravana ( o meglio Tarawana, vista l’origine) mi sono chiesto anch’io se potevano esserci gli stessi, o quasi, problemi che intervengono in genere a chi pratica apnee a batimetriche più impegnative. Credo che la pressione presente a -35 – 40 mt sia ovviamente diversa di quella che si percepisce a -15, ma l’accumulo di azoto nei tessuti riguarda la maggior parte dei frequentatori dei fondali. Aspettiamo risposte più autorevoli……….

    A 15 mt di profondità  abbiamo una pressione relativa di 1,5 bar ossia 1,5 kg/cm2 sul nostro corpo. Attenzione qui si parla di pressione relativa e non assoluta, cioè abbiamo escluso la pressione di 1 bar che è presente a livello del mare, quindi la pressione assoluta (cioè quella reale) è di 2,5 bar ossia 2,5 kg/cm2 ad una profondità  di soli 15mt.
    Quindi man mano che la profondità  aumenta aumenta anche la presssione, di 1 bar ogni 10 mt.
    L’azoto disciolto nel sangue è sottoposto ad una pressione come tutte le altre parti del corpo. Quando la pressione diminuisce in fase di risalita l’azoto disciolo nel sangue aumenta di volume e se non espluso correttamente (con le famose soste di decompressione) crea delle bolle; per capirci avviene lo stesso effetto di quando stappiamo una bottiglia di gazzosa.
    Gli studi fatti sui pescasub apneisti che facevo tutti profondi (oltre i 30mt) con fasi di recupero molto brevi hanno evidenziato che questi sub potevano andare incontro a sintomi dell’E.G.A. (embolia gassosa arteriosa) proprio perchè l’azoto disciolto nel sangue non aveva il tempo di liberarsi nel breve tempo trascorso i superficie per i recuperi.

    #113915
    bludive
    Partecipante

    @Max wrote:

    Gli studi fatti sui pescasub apneisti che facevo tutti profondi (oltre i 30mt) con fasi di recupero molto brevi hanno evidenziato che questi sub potevano andare incontro a sintomi dell’E.G.A. (embolia gassosa arteriosa) proprio perchè l’azoto disciolto nel sangue non aveva il tempo di liberarsi nel breve tempo trascorso i superficie per i recuperi.

    Non conosco bene gli studi sul tarawana, ma sei sicuro si parli di EGA? e non di MDD (malattia da decompressione) di tipo I o II?

    #113916
    n1c0l4
    Partecipante

    Trattare questo argomento credo che sia complicato, inoltre un post rende le cose più difficili. La narcosi da azoto ha quel quadro sintomatologico nell’ara perchè il grado di saturazione è più elevato (le pressioni sono ben diverse), ciò non esclude che nell’apnea ci possa essere una forma molto leggera in grado di stabilire lo “stato di grazia” e non dare nessun altro tipo di problema. L’embolia gassosa invece è una cosa diversa (come fa notare giustamente Max, grazie), ma non era di questo che volevo parlare nel post, anche se nella sostanza la causa è la stessa (azoto in soluzione nel sangue) ma con eziopatogenesi diversa. Inoltre bisogna considerare che secondo gli ultimi studi di Malpieri anche pescando intorno ai 15 mt si può rischiare l’embolia gassosa cosa spiegata bene dagli altri interventi, la bolla via arteria coronaria va nell’emisfero sinistro e provoca una emiparesi destra del corpo, per fortuna reversibile se curata tempestivamente. Ripeto che quello che mi interesserebbe capire, anche sulla base di esperienze personali, è se si può sperimentare una sintomatologia leggera tipo narcosi provocata dall’azoto in soluzione nel sangue che va a saturare (in maniera leggera) i tessuti gliali.
    Spero di essere stato più chiaro, scusate ma la questione è spinosa di per sè.

    #113917
    Fulvio48
    Partecipante

    @n1c0l4 wrote:

    ……..che secondo gli ultimi studi di Malpieri anche pescando intorno ai 15 mt si può rischiare l’embolia gassosa cosa spiegata bene dagli altri interventi, la bolla via arteria coronaria va nell’emisfero sinistro e provoca una emiparesi destra del corpo, per fortuna reversibile se curata tempestivamente. Ripeto che quello che mi interesserebbe capire, anche sulla base di esperienze personali, è se si può sperimentare una sintomatologia leggera tipo narcosi provocata dall’azoto in soluzione nel sangue che va a saturare (in maniera leggera) i tessuti gliali.
    Spero di essere stato più chiaro, scusate ma la questione è spinosa di per sè.

    Gli argomenti come il Tarawana, la MDD, ecc.. sono stati trattati da diverse riviste e da interventi in sedi diverse anche di Malpieri. Non ho mai letto però di narcosi da azoto in apnea. Magari esiste qualcosa in letteratura.
    Vedo comunque che alcuni interventi mostrano una certa competenza della quale non so valutare il livello per mia incompetenza. Farei quindi una proposta: c’è qualcuno che si sente in grado di fare una sintesi dell’argomento (tarawana, ecc..)? Si potrebbe inserirla nell’area pubblicazioni, in modo da costituire un punto fermo di riferimento per tutti. Potrebbe diventare un 3D da consultare come un “bigino” anche senza aggiungere molti post.
    Anche l’eventuale risposta alla domanda di “n1c0l4”, potrebbe essere inserita nello stesso bigino.

    #113918
    bludive
    Partecipante

    @n1c0l4 wrote:

    ……..Ripeto che quello che mi interesserebbe capire, anche sulla base di esperienze personali, è se si può sperimentare una sintomatologia leggera tipo narcosi provocata dall’azoto in soluzione nel sangue che va a saturare (in maniera leggera) i tessuti gliali.
    …………

    direi che un effetto narcotico c’è senz’altro, indipendentermente dal numero di tuffi o azoto accumulato. Ciò che mi sembra difficile è che se ne abbiano esperienze visto il poco tempo in cui si rimane esposti, la relativa poca profondità  e le poche e semplici azioni che fa un pescatore in apnea.
    Nella subacquea ricreativa è normale fare dei semplici test di controllo a chi comincia ad immergersi a profondità  intorno ai 30mt, ma non so se i corsi di apnea prevedano cose del genere, tra l’altro piuttosto semplici da mettere in opera.

    P.S.sbaglio o manca qualche intervento? 😯

    #113919
    Max
    Moderatore

    @bludive wrote:

    @Max wrote:

    Gli studi fatti sui pescasub apneisti che facevo tutti profondi (oltre i 30mt) con fasi di recupero molto brevi hanno evidenziato che questi sub potevano andare incontro a sintomi dell’E.G.A. (embolia gassosa arteriosa) proprio perchè l’azoto disciolto nel sangue non aveva il tempo di liberarsi nel breve tempo trascorso i superficie per i recuperi.

    Non conosco bene gli studi sul tarawana, ma sei sicuro si parli di EGA? e non di MDD (malattia da decompressione) di tipo I o II?

    Hai ragione Blu, ho scritto una cavolata e me ne sono accorto solo adesso; non erano sintomi da EGA ma bensì da MDD, cioè malattia da decompressione… 😉

    #113920
    n1c0l4
    Partecipante

    Mi permetto di aggiungere indicazioni su studi sperimentali che potrebbero interessarci, aggiungendo qualche considerazione e soprattuto sperando che qualcuno possa darci una mano a comprendere meglio perchè davvero non ho la competenza necessaria. Mi pare che studi sulla narcosi in apnea (la chiamiamo impropriamente così per semplicità ), non ci sono quindi mi rifaccio a quelli più recenti e pertinenti:

    “Effects of repeated hyperbaric nitrogen-oxygen exposures on the striatal dopamine release and on motor disturbances in rats” è uno studio del 2005 sugli effetti dell’azoto sulla zona del cervello chiamato gangli basali che è deputato al controllo del movimento ma che contiene anche altri circuiti che regolano le emozioni, compreso quello del piacere. Nello studio si fa riferimento solo agli effetti sul movimento ma si dice chiaramente che anche a 1atm ci sono effetti sui processi di regolazione dei neurotrasmettitori, lasciando aperto il campo ad ulteriori approfondimenti. La cosa che mi sembra importante in questo lavoro è che gli effetti cambiano nelle successive esposizioni all’azoto, insomma ci sono degli adattamenti che sembrano far sparire i disturbi motori (ma badate bene, rimangono gli effetti sui processi di regolazione dei neurotrasmettitori, prima di tutto la dopamina). Purtroppo è uno studio sui ratti, quindi limitato per i nostri interessi.

    “Post effect of repetitive exposures to pressure nitrogen-induced narcosis on the dopaminergic activity at atmospheric pressure”. (2008)
    Questo è molto specifico e riguarda gli effetti postsinaptici indotti dall’esposizione all’azoto in camera iperbarica e sempre nei ratti, a pressioni tra 1 e 3 atm (come nel precedente). Non mi addentro perchè l’ho solo letto e mi pare difficile, mi limito a dire che il protocollo usato se da un lato non serve strettamente a capire meglio il fenomeno che ci nteressa, dall’altro conferma che l’esposizione all’azoto cambia l’azione dei circuiti che rilasciano dopamina, che è implicata sia nella determinazione dei comportamenti motori che nella regolazione delle emozioni. Interessante è il dato dell’ipereccitabilità  di una categoria di recettori, cosa che aumenta gli effetti delle sostanze eccitanti. Ancora più interessante è che questa condizione si verifica nella fase successiva all’esposizione.

    Certamente si potrebbe fare qualche indagine, ma nell’apnea la ricerca è poco diffusa quindi ci dobbiamo arrangiare. Ciao

    #113921
    Max
    Moderatore

    Scusa Nicola ma faccio davvero fatica a seguirti (e non perchè sono completamente all’asciutto di ciò) ma perchè continui a fare confusione tra narcosi e MDD. Come ti ho gia spiegato nei precedetni post sono due cose completamente differenti con cause e sintomi differenti.
    I problemi a cui possono andare incontro gli apneisti sono le MDD e non la narcosi. La narcosi da azoto avviene durante la respirazione in immersione e non durante l’apnea.
    Io non sono un medico ma ho una certa cultura a riguardo (ho anche un brevetto ara).
    Di seguito ti posto uno studio fatto dal Prof. Ruggero Rossi Direttore Scuola di Spec.ne in Medicina dello Sport – Facoltà  di Medicina Università  degli Studi di Perugia, e dai Prof. Massimo Malpieri
    Prof. Ivo Parisse, Dr. Boldrini Stefano e Dr. Primo Penzi

    QUOTE
    Da circa dieci anni si parla con sempre maggior frequenza di incidenti da decompressione nei praticanti l’apnea, in particolare nei pescatori subacquei che operano a quote medio alte, tra i 25 ed i 45 m.

    La metodica di discesa è abbastanza tipica e comune a molti: una iperventilazione di superficie, di tempo variabile tra i 2 ed i 4 minuti, quindi una discesa rapida, a volte utilizzando uno scooter subacqueo, aspetto sul fondo con tempi compresi tra i 50 secondi ed 1,30 minuti, quindi risalita più o meno veloce verso la superficie, alternativa allo scooter è la pesca a “paperino”.

    E’ ormai un dato di fatto che molti di questi apneisti dopo un certo numero di ore (circa 5, di solito) possono presentare dei quadri patologici molto gravi con sintomatologia praticamente sovrapponibile alla malattia da Decompressione: emiparesi, paresi, disturbi della visione, dislalia sino all’afasia, danni permanenti anche molto gravi, tanto da rendere definitivamente invalido il malcapitato di turno ed in alcuni casi addirittura morte.

    La ripetitività  di tali incidenti nel corso degli ultimi mesi, addirittura verificatisi più volte nello stesso soggetto, e mi riferisco all’ex campione del Mondo lo spagnolo Alberto March, oltre alla gravità  di altri, come nel caso di Marco Bardi, di un altro atleta agli ultimi campionati di Palermo e di Roberto Cafolla in Croazia, impongono alla classe medica del settore una profonda riflessione e, certamente, una revisione critica sulla fisiopatologia dell’immersione in apnea per quel che riguarda gli stretti rapporti che possono intercorrere tra apnea e malattia da decompressione.

    CENNI STORICI

    Il quadro clinico definito “TARAVANA” era già  conosciuto nel lontano 1947, epoca in cui si hanno le prime documentazioni su disturbi neurologici, a volte anche mortali, che colpivano i pescatori di perle Polinesiani delle isole Tuamotu, i quali effettuavano da 40 a 60 immersioni al giorno ad una profondità  variabile tra i 20 ed i 42 metri. Questi scendevano verso il fondo con un peso tra i piedi, e risalivano arrampicandosi su di una fune a cui, da un lato, era ancorato il cesto per la raccolta delle perle mentre dall’altro il “pearls diver” era collegato con l’imbarcazione in superficie, da dove un barcaiolo recuperava e il cesto e il subacqueo, a forza di braccia. La discesa era di durata variabile tra i 30 e i 60 secondi, con un tempo totale d’immersione intorno ai 100 sec. (1.40 minuti), ed intervallo di superficie, tra una immersione e l’altra, di 1-2 minuti. Molti di questi pescatori di perle hanno presentato un grave quadro clinico che nella loro lingua è chiamato appunto Taravana, caratterizzato da disturbi comportamentali associati con uno scadimento delle condizioni generali. I sintomi del Taravana sono sovrapponibili a quelli della Malattia da Decompressione. Infatti immediatamente dopo l’emersione, i sub possono sviluppare un quadro caratterizzato da emiparesi sino alla paralisi, disturbi della visione, perdita dell’udito, vertigini, ed in alcuni casi morte. La maggior parte dei sub sopravvissuti hanno presentato poi danni permanenti sia a livello cerebrale che del midollo spinale. Sebbene il Taravana sia una forma di MDD, ci sono alcune caratteristiche che non combaciano con l’MDD e sono state ipotizzate altre cause etiopatogenetiche, come l’ipossia.

    Lo stesso quadro clinico è stato osservato nelle pescatrici di perle “AMA” Giapponesi e Coreane e descritto anche in recente lavoro di Boris Holm, Erika Schagatay, Toshio Kobayashi, Atsuko Masuda, Tetsuro Ohdaira e Yoshiyuki Honda.

    Il meccanismo mediante il quale gli apneisti possano sviluppare una MDD è stato inizialmente studiato dal Dr. P. Paulev in Danimarca.

    Il Dr. Paulev, ufficiale medico della Reale Marina Danese, studiò sommozzatori che simulavano, da una torre, una uscita di emergenza da un sommergibile. Per l’esercitazione le reclute erano accompagnate da sommozzatori in apnea che effettuavano assistenza nella fase di risalita in difficoltà , prova richiesta nel corso Ufficiali. Il Dr. Paulev ha successivamente descritto lo sviluppo di una MDD in un Ufficiale Medico della Reale Marina Danese (non è ben chiaro se la cavia sia stata lo stesso Pavlev). Questi ha cominciato a manifestare una serie di disturbi di estrema gravità , e sovrapponibili al quadro di una MDD, dopo aver eseguito 60 immersioni in apnea alla profondità  di circa 33 m, con tempo di fondo di 2 minuti, e un intervallo di superficie di 1-2 minuti. Dopo circa 5 ore dalle immersioni in precedenza descritte, cominciò ad accusare dolore, paralisi degli arti inferiori, nausea, disturbi della visione e debolezza al braccio destro. Fu trattato con terapia ricompressiva in camera iperbarica, e, dopo trattamento completo come previsto dalle tabelle, scomparsa totale di ogni disturbo.

    In base a questa esperienza il Dr. Paulev calcolò la percentuale di N2 nei tessuti dopo le ripetute immersioni in apnea, e giunse alla conclusione che il breve intervallo di superficie non consentiva ai tessuti di eliminare l’Azoto in eccesso, e che la pressione parziale dell’Azoto nei tessuti risultava essere pari a quella rilevabile dopo una immersione con mezzi autonomi di respirazione ad aria compressa. Gli studi successivi del Dr. E. Lanphier hanno indicato che il rapporto tra tempo di superficie, tempo d’immersione e velocità  di risalita sono fattori di fondamentale importanza nello sviluppo di una MDD nei praticanti l’apnea profonda. Lanphier calcolò che il rapporto 1 a 1 tra intervallo di superficie e tempo d’immersione equivale a circa il 50% del tempo reale d’immersione. Da ciò si ricava che una serie d’immersioni a 33 metri con tempo d’immersione di 90 secondi e intervallo di superficie di 90 secondi equivarrebbe ad una immersione continua a 16,5 m.

    Se la velocità  di risalita è rapida, la profondità  equivalente sarà  di circa il 65% della profondità  attuale (-21,5 m). Queste relazioni spiegano perché subacquei apneisti che effettuano immersioni ripetitive, a profondità  comprese tra i – 30 m e i – 45 m possono, in alcuni casi sviluppare un quadro clinico sovrapponibile alla MDD.

    Subacquei che effettuano immersioni per 3-5 ore possono superare con valori elevati i tempi di decompressione previsti per profondità  equivalenti, e ci sono molte probabilità  che possano sviluppare quadri neurologici, anche severi, di MDD.

    La sindrome del Taravana, e le esperienze tratte dai sommozzatori d’appoggio all’addestramento per le uscite d’emergenza dai sommergibili danno ampia dimostrazione che il fenomeno è reale e presente.

    Per la maggior parte degli apneisti il Taravana non rappresenta certamente un problema, ma per tutti coloro che effettuano immersioni ripetitive nella fascia compresa tra i 25 ed i 35 m, con un intervallo di superficie di 2 minuti per 5 ore o più è possibile la comparsa di MDD . Raddoppiando il rapporto tra tempo di superficie e tempo di fondo (p.e. 90 secondi immersione, 180 secondi intervallo di superficie), la profondità  equivalente scende a –9 m quando, in realtà , l’immersione si svolge a –30 m, e come conseguenza non ci sono rischi di MDD. Ulteriori studi sulla Sindrome del Taravana sono state pubblicati nel 1965 in un libro intitolato: Breath hold Diving and The AMA of Japan, Edito da H. Rahn e T. Yokoyama.

    Nel corso degli anni numerosi studiosi hanno poi dedicato tempo e ricerca sull’argomento, tra questi ricordo E.R. Cross, Rahn, Nicolas Heran, Fred Bove, Robert Wong, che nel 1999 ha pubblicato un report aggiornato sull’argomento (Journal of the SPUMS, Settembre 1999) infine di recente Koshi, Katho, Abe e Okudera con un lavoro sui danni neurologici nelle pescatrici Ama.

    1. Spiegazione fisiologica della saturazione in N2 in apnea

    Modificazioni dell’aria alveolare.

    – La misura dell’azoto alveolare in superficie, alla fine di una apnea, dimostra valori superiori al 79%, per effetto della diminuzione dell’O2 consumato a livello dei tessuti, senza un notevole aumento della CO2 tamponata dai tessuti;

    – questo fenomeno di base si accentua con l’immersione per l’aumentare della pressione idrostatica.

    Iperventilazione :

    – viene praticata per abbassare la soglia di tolleranza all’ipossia ;

    – ha come conseguenza il blocco degli shunts polmonari e l’aumento della superficie di scambio alveolo-capillare per cui la superficie fisiologica sarà  paragonabile a quella di un allievo di un corso di tennis ;

    – queste modificazioni facilitano il passaggio di Azoto dall’aria alveolare al sangue capillare.

    Nuclei gassosi :

    – già  presenti prima dell’immersione aumentano di volume per effetto dell’azoto saturato, fenomeno accentuato dalla elevata tensione locale della CO2 sempre presente in questi apneisti quale conseguenza dell’intenso lavoro muscolare dovuto al pinneggiamento.

    Risalita :

    – liberazione delle microbolle e successivo loro rapido aumento di volume (legge di Boyle-Mariotti), in conseguenza della rapida risalita (superiore ai 10m/minuto di un’immersione con ARA), effettuata sempre con notevole sforzo muscolare ;

    – ostruzione meccanica delle arteriole polmonari a cui consegue :

    – apertura degli shunts e passaggio di bolle nella grande circolazione,

    – iperafflusso ematico in atrio destro con passaggio di bolle gassose nell’atrio sinistro attraverso il Forame Ovale, fisiologicamente pervio in almeno il 25% dei soggetti ;

    – diminuzione della superficie di scambio alveolo-capillare a cui consegue una diminuita eliminazione di N2 da parte dell’organismo.

    In superficie con un opportuno intervallo di recupero tra un tuffo e l’altro sarà  possibile una desaturazione completa

    Pesca subacquea in apnea profonda e rischio di MDD :

    – apnea ripetuta per 4 –5 ore continuative con tempi d’immersione compresi tra i 2 e i 4 minuti, intervalli di superficie relativamente brevi (da 30 secondi a 4 minuti), con profondità  che spesso superano i 30 m (alcuni sub, come March o l’italiano Del Bene superano abbondantemente i 45 m);

    – risalite rapide (oltre i 20 m/minuto) con brusca diminuzione della pressione;

    – sforzo muscolare in risalita.

    2. Apnea e MDD: Ipotesi Etiopatogenetiche

    · A livello molecolare: l’ N2 presente nell’aria inspirata diffonde ampiamente nel sangue capillare in corso di iperventilazione ; viene compresso per effetto della pressione idrostatica provocando un aumento di volume dei nuclei gassosi in maniera direttamente proporzionale al notevole aumento della CO2 (prodotta dal catabolismo energetico).

    · In risalita (rapida) : la restituzione di N2 a livello alveolare è ridotta (legge di Henry e condizioni cardio-polmonari) così da creare ad ogni tuffo un accumulo di N2 a livello tessutale.

    Aspetto meccanico :

    Dopo un certo numero di immersioni l’accumulo di N2 è tale da provocare la formazione di bolle, soprattutto nel sistema venoso o localmente, con conseguente aumento di volume « esplosivo » durante la risalita (legge di Boyle e Mariotti) e che daranno luogo a sintomi locali e generali :

    Sintomi locali – « bends » soprattutto nelle zone in preda a fenomeni infiammatori conseguenti all’eccessivo lavoro muscolare ;
    Lesioni croniche – a carico dei tessuti a scarsa vascolarizzazione (ossa lunghe e grandi articolazioni) ;
    Ostruzione vascolare – venosa (infarcimento midollare) o arteriosa per passaggio di bolle nel grande circolo : deficit sensitivo motorio dell’emicorpo prevalentemente destro per la posizione verticale della Carotide sinistra rispetto all’arco Aortico e soprattutto dell’arto superiore destro per l’estesa rappresentazione di questi in sede corticale parieto-temporale sinistra.

    Aspetti clinici del Taravana

    Prima descrizione 1947.

    · Contesto :

    · Immersione in assetto variabile;

    · Profondità  da 20 a 45 m;

    · Iperventilazione prolungata per un tempo variabile tra 30 e 60 secondi ;

    · Risalita rapida;

    · Sforzo muscolare;

    · 15 immersioni/ora di media;

    · 5/6 ore continuative ;

    · obiettivo : raccolta di ostriche perlifere o spugne.

    Manifestazioni patologiche :
    · accidenti sincopali disturbi labirintici;

    · malessere generale;

    · disturbi neurologici di tipo centrale;

    · scotomi;

    · parestesie ed anestesie localizzate soprattutto a destra e all’arto superiore;

    · afasia (le aree di Broca e di Wernicke sono in sede temporo-parietale sinistra)

    · agnosia

    · disturbi psichici.

    Nostra Casistica periodo 1999/2001

    Contesto:
    · Immersioni a zavorra fissa

    · Profondità  da 20 a 45 m;

    · Iperventilazione prolungata per un tempo variabile tra 30 e 60 secondi ;

    · Risalita rapida;

    · Sforzo muscolare;

    · 15 immersioni/ora di media;

    · 5/6 ore continuative ;

    · obiettivo : competizioni di pesca subacquea (tranne 1 caso)

    -Le manifestazioni cliniche riscontrate sono:

    1. vestibolari – labirintiche :

    vertigini,
    disturbi dell’equilibrio,
    disturbi uditivi (ipoacusia, tinnito, sordità  improvvisa)
    2. neurologiche centrali:

    disartria,
    afasia,
    emiparesi e/o parestesie destre in 5 dei 6 casi
    -un caso (Marco Bardi) è ben documentato con Risonanza Magnetica e TAC cerebrale, in cui si sono evidenziate lesioni rotondeggianti localizzate a livello della capsula interna e della testa del nucleo caudato di dx oltre ad una lesione sottocorticale profonda parietale sinistra;

    -un caso (S.P.) sempre documentato con RMN con lesioni documentate a carico del cervelletto e del Putamen;

    -un caso (F.S.) di ipoacusia acuta documentato da esami clinici;

    -5 episodi nello stesso soggetto (Alberto March) presentatisi nel periodo 1995/2000 caratterizzati da emiparesi destra, disturbi della visione e disartria tutti risolti con trattamento immediato in Camera Iperbarica (Tabella 6 U.S. Navy) senza alcun reliquato;

    -un caso atleta senese (G.S.) caratterizzato dalla comparsa di emiplegia destra, visione offuscata, disartria paresi emifaccia destra con TAC evidenziante lesioni corticali parietali sinistre;

    -un caso, recentissimo settembre 2001, atleta della nazionale croata (Roberto Cafolla) manifestatosi con emiparesi destra, disartria, visione a tunnel risoltosi spontaneamente in circa 3 ore senza reliquati.

    -Evoluzione : tutte queste manifestazioni sono state osservate nel corso delle immersioni o qualche ora dopo la fine della competizione; tutti i segni clinici sono scomparsi in periodi compresi da qualche ora ad alcuni giorni con terapia ricompressiva in Camera Iperbarica e terapia farmacologica di supporto senza alcun reliquato o con qualche conseguenza limitata.

    In tre casi sono state evidenziate aeree di lesione in alcuni territori cerebrali a carattere permanente.

    In nessuno degli atleti studiati è stata riscontrata presenza di Forame Ovale Pervio.

    Conclusioni

    Alla luce di quanto fin qui esposto è incontrovertibile che l’immersione in apnea, a profondità  variabili tra –25 m e –45 m, può dare origine a dei quadri patologici di tipo neurosensoriale, ben definiti e sovrapponibili a manifestazioni da Malattia da Decompressione; è inoltre ampiamente dimostrato che tali quadri rispondono positivamente al trattamento con Ossigeno Terapia Iperbarica utilizzando gli stessi schemi terapeutici in uso per il trattamento della MDD neurosensoriale.

    Tra le ipotesi patogenetiche la più attendibile è quella che attribuisce tali disturbi alla formazione e liberazione di bolle gassose di N2, accumulatosi nel corso delle ripetute apnee senza adeguati tempi di recupero in superficie e liberato tumultuosamente nel corso di risalite veloci verso la superficie.

    Sarebbe auspicabile che i praticanti tale metodica d’immersione adottassero la precauzione di prolungare i tempi di recupero in superficie tra una apnea e l’altra, con periodi che siano almeno doppi a quelli di ogni singola apnea; sarebbe inoltre opportuno che nelle competizioni agonistiche di pesca subacquea i medici di assistenza fossero preparati a riconoscere questo tipo di patologia e ad intervenire con le stesse metodiche terapeutiche che vengono utilizzate nel soccorso subacqueo per incidenti da decompressione.
    UNQUOTE

    Come hai potuto leggere nello studio non si parla di “narcosi” ma di MDD (come ti dissi):wink:
    Spero che adesso ti sia tutto più chiaro 😀

    #113922
    n1c0l4
    Partecipante

    Grazie Max, davvero interessante il contributo che hai postato che riguarda solo la MDD in apnea (l’unica cosa che posso dire è che le profondità  citate sono elevate, oggi sembra che anche a quote minori si possano avere problemi e ripeto comunque che la profondità  è sempre relativa al soggetto).
    Riguardo ai tuoi dubbi:

    Quote:
    … e che la pressione parziale dell’Azoto nei tessuti risultava essere pari a quella rilevabile dopo una immersione con mezzi autonomi di respirazione ad aria compressa.

    Il punto è questo: l’azoto nei tessuti si accumula, presumo anche in quelli nervosi e la mia domanda è se ciò causa qualche effetto a livello neurologico (è una domanda bene intesi, non so se esiste qualche studio su questo fenomeno fatto su uomini), senza parlare di embolia gassosa che rimane tuttavia argomento determinante per la sicurezza…A proposito non sarebbe il momenti di ricominciare a pescare? Il sole invita a scendere in acqua!

    #113923
    bludive
    Partecipante

    @Max wrote:

    ……………………..
    La narcosi da azoto avviene durante la respirazione in immersione e non durante l’apnea.
    …………………….

    Perdonami, ma su cosa basi questa affermazione?

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